Conciliare fa bene alle famiglie e al Business!

Smart Working

Essere Smart è la soluzione.


Oggi ho deciso di affrontare una argomento che sento profondamente vicino alla mia realtà e che interessa molte mamme e papà giornalmente impegnati ad incastrare orari e impegni di tutta la famiglia. Stiamo parlando di Smart Working,  ovvero "una modalità di lavoro innovativa basata su un forte elemento di flessibilità, in modo particolare di orari e di sede" (cit. ww.lavoro.gov.it).

Approfitto del fatto che stamattina anche Radio Deejay ha affrontato questo tema per dare qualche informazione in merito ai vantaggi che toccherebbero sia famiglie che aziende.

Mi rifaccio ad un articolo pubblicato su www.pmi.it nel giugno 2015 (Eccolo) per ricordare che il telelavoro (forma di organizzazione e/o di svolgimento dell’attività lavorativa regolarmente svolta fuori dai locali dell’azienda – in ambienti nella disponibilità del lavoratore che spesso coincidono con l’abitazione), recepito nel 2004, ha previsto i primi incentivi alle aziende che introducono iniziative volte ad agevolare la conciliazione lavoro-famiglia già nel 2011, perfezionato nel 2012 con la Legge di Stabilità, inseriti nuovi accordi nel 2014 introducendo ulteriori agevolazioni con il Jobs Act nel 2015 (cit: www.governo.it: "la norma sul telelavoro prevede benefici per i datori di lavoro privato che vi facciano ricorso per venire incontro alle esigenze di cure parentali dei loro dipendenti").
Non vengono alterati diritti e doveri dei lavoratori, chi decide di usufruire di questa opportunità viene equiparato al lavoratore che si reca in ufficio.

Alcune aziende stanno sperimentando questo nuovo modo di lavorare dando la possibilità di usufruire del telelavoro solo per alcuni giorni al mese in modo da avere un feedback dai dipendenti e per capire se effettivamente può avere effetti positivi sul business.

E' statisticamente provato che chi lavora fuori dell’azienda è mediamente più produttivo dei dipendenti che sono in ufficio (grandi aziende internazionali riportano un aumento di produttività del 35-40%), si assenta meno (circa il 63% di assenteismo in meno) ed è sicuramente più soddisfatto, riducendo così le possibilità che decida di lasciare l’azienda, costringendo quest’ultima a investire risorse nella formazione di una nuova persona (cit. www.lavoro.gov.it)Tutto questo per valutare il lavoratore non in base alle ore passate sul posto di lavoro bensì sul risultato finale dei progetti che porta a termine. Stop quindi a incentivi economici per chi trascorre tante ore in ufficio e largo alla valutazione unica sui risultati.

La Comunità Europea da tempo ci chiede di incrementare la partecipazione delle donne nelle attività lavorative e uscire da quel preconcetto che le porta a dover essere o mamme o imprenditrici.

Non è questa una scelta di qualità per il nostro paese, abbiamo bisogno di donne che abbiano voglia di crescere professionalmente e allo stesso tempo che non siano costrette a rinunciare alla propria vita privata o viceversa.

Siamo ancora molto lontani dal vero concetto di conciliazione che, speriamo, nei prossimi anni preveda nuove norme che permettano di ampliare il numero di lavoratori che ne possano usufruire ma è un primo passo verso un reale cambiamento.

Ma perché il marketing si dovrebbe occupare di un argomento del genere? Perché la prima vera azione di marketing va fatta internamente, con i propri dipendenti che rappresentano in prima persona i consumatori, i pazienti...coloro i quali possono dare luogo ad un passaparola positivo in conoscenti e amici.

Lavoro meglio, lavoro contento e riesco a gestire il mio privato con serenità si traduce in "la mia azienda ha un valore in più" che automaticamente si trasferisce all'esterno.